Benvenuti a “Villa Rosalia”, dimora che Calogero Portolano,
mio suocero, fece costruire nel 1898 dedicandola alla moglie Rosalia Rinaldi,
morta prematuramente; luogo dove io trascorsi con mia moglie Antonietta
e con i nostri figli le vacanze al ritorno a Girgenti da Roma;
contesto che ispirò il mio romanzo “I Vecchi e i giovani”
dove la definii Kolimbetra, splendente dimora di don Ippolito Laurentano;
ambiente che ispirò la mia novella “La giara” dopo che, morto Calogero Portolano
e aperto il testamento, vennero inventariate in questa dimora, tra l’altro, cinque giare per l’olio.
Quante altre tracce del mio trascorso in questa casa vi porteranno da qui alle mie opere e viceversa!
Quante tracce su questi luoghi incrociano la mia vita!
Per suggerirne qualcuna: la fontana di Bonamorone, la collina di Colleverde e il colle Tamburello,
il vicino cimitero con la gentilizia della famiglia Portolano (l’epitaffio a Calogero Portolano
è stato scritto da me), perfino la vicina via Portulano (di recente voluta dalla toponomastica cittadina),
che finisce il suo corso all’ingresso di casa Portulano, altra proprietà dell’omonima famiglia, oggi istituto religioso.
Un ultimo suggerimento: studiate bene il carattere degli attuali proprietari:
brava gente, con tutte le caratteristiche di questa terra antica e contraddittoria;
io li avrei scelti come personaggi delle mie opere! Chissà!
Buona passeggiata e buona vacanza ad Agrigento! Pardon: “Girgenti”
Luigi Pirandello è stato uno scrittore e commediografo italiano, vincitore del premio Nobel della letteratura nel 1934 per la sua “audace e brillante innovazione del dramma e del teatro”.
Nacque nel 1867 a Girgenti (l’attuale Agrigento), una città della Sicilia meridionale da Caterina Ricci Gramitto e da padre Stefano Pirandello, proprietario di una miniera di zolfo, il quale riuscì a garantire al figlio Luigi un’infanzia vissuta nell’agio.
Dopo essersi diplomato presso la città di Palermo, Pirandello si trasferì a Roma, dove intraprese studi letterari, che portò a termine a Bonn, in Germania, con una tesi intitolata “La Parlata di Girgenti”.
Al termine dei suoi studi in Germania, Luigi tornò a Roma, dove si stabilì permanentemente con la sua sposa, Maria Antonietta Portulano, anch’ella agrigentina, che gli diede tre figli.
Gli anni seguenti segnarono l’inizio della sua carriera letteraria: nel 1901 Pirandello pubblicò il suo primo romanzo dal titolo “L’esclusa”, che narra la storia di una donna ingiustamente accusata di adulterio.
All’anno successivo, è invece attribuita l’uscita del romanzo “Il fu Mattia Pascal”, riconosciuto come il primo romanzo italiano a discostarsi dai canoni letterari ottocenteschi, in favore di un nuovo modo di concepire la scrittura.
Nel 1913 pubblicò “I vecchi e i giovani”, un altro romanzo che assicurò all’autore successo e importanti riconoscimenti.
Luigi Pirandello è inoltre conosciuto per la sua carriera da commediografo: al 1921 corrisponde la messa in scena di “Sei personaggi in cerca d’autore”, commedia che si afferma come straordinariamente rivoluzionaria nella storia del teatro del ventesimo secolo, a tal punto da essere stata tradotta e messa in scena su scala mondiale.
La produzione Pirandelliana, inoltre, comprende centinaia di racconti e oltre quaranta commedie, alcune delle quali scritte in dialetto siciliano.
Ciò che ha contraddistinto il suo operato rispetto a quello degli autori del suo tempo è stato il mettere in luce in maniera brillante come l’illusione incroci spesso nel suo cammino la realtà, motivo per il quale il teatro pirandelliano viene spesso considerato come il precursore del Teatro dell’Assurdo, il quale conta artisti internazionali come Samuel Beckett (1909-1989)
LA FAMIGLIA ZAMMUTO A VILLA ROSALIA
I coniugi Antonia Cacciatore e Giuseppe Zammuto visitarono Villa Rosalia in vendita, nel 1950.
Erano gli anni del dopoguerra quando numerose famiglie siciliane emigravano verso il Nord Europa e l’ America, alla ricerca di una vita migliore. In quegli anni le campagne venivano abbandonate poiché l’agricoltura non consentiva un sostentamento delle famiglie adeguato ai tempi.
Quando la Signora Antonia, nel corso della trattativa di compravendita, si affacciò dal balcone di Villa Rosalia e ammirò la campagna distesa nella Valle dei Templi, esclamò: “sarà questa la mia America”, così incoraggiando il marito a comprarla.
Quindi vendettero lussureggianti poderi che possedevano nel vicino Comune di Aragona, dove avevano fino ad allora abitato, e si trasferirono nella proprietà di Bonamorone (nome della storica fontana che dà denominazione alla contrada dove sorge Villa Rosalia), con i loro nove figli nonché il ricordo del figlioletto Vittorio morto all’età di sei anni, nel 1946, quando le macerie della guerra fumavano ancora.
Il coraggioso investimento del Signor Giuseppe Zammuto lasciò perplessi i compaesani aragonesi che criticarono l’azzardo conoscendo le floride proprietà di Aragona che vendeva per acquistare ad Agrigento; ma quando un compaesano aragonese gli fece visita a Villa Rosalia, al ritorno ad Aragona riferì che quella bellissima proprietà aveva meritato ogni sacrificio, aggiungendo che nella casina c’era una scala di marmo di ineguagliabile bellezza!
In questa valle, come la terra promessa di biblica memoria, la famiglia Zammuto impiantò un’azienda agricola che produceva ogni ben di Dio: agrumi, uve, ortaggi, frutti di ogni varietà e, in coltivazione intensiva, mandorli e ulivi i cui raccolti annui davano apprezzabili introiti.
Da tale attività ben presto si dissociarono tutti i figli del Signor Giuseppe, ad eccezione del figlio Angelo che continuò a coltivare questa terra con passione e dedizione, arricchendola con nuove piantumazioni, innesti di frutti di ogni specie, conferendole l’aspetto lussureggiante che si apprezza tutt’oggi: ogni albero parla di lui!
Siffatta conduzione dell’azienda agricola denominata “Bonamorone” (attiva con la stessa denominazione ancor oggi), permise ai coniugi Antonia e Giuseppe, ormai avanti negli anni, in un periodo storico segnato dall’emigrazione e dall’abbandono delle campagne, di vivere serenamente anche da pensionati, percependo reddito da questa campagna.
Nella sua scelta di coltivare in questa proprietà, Angelo ebbe l’aiuto e il sostegno della moglie, l’intrepida e intelligente Signora Rosetta Terrana che dal 7 gennaio 1963, data del matrimonio, condivise con lui ogni scelta e fatica, nonché l’amore per questa dimora che uniti, non lasciarono mai, custodendola e curandola fino alla fine dei loro giorni.
Sono ancora vivi oggi nei ricordi dei figli di Angelo, tutti ultracinquantenni, tante immagini e aneddoti del passato vissuti a Villa Rosalia “ quando, ad esempio, il piazzale antistante la casina, per tutta l’estate, veniva interdetto all’ingresso di veicoli, per ospitare in 1000 mq circa, distese di mandorle ad essiccare a cui seguiva la visita dei commercianti per l’acquisto; erano in numero di tre e sempre le stesse persone, tutti gli anni (erano soprannominati “I Tre Re”); per noi bambini era un giorno di festa, come se fosse arrivato il circo; portavano una bascula che ci incuriosiva a pesarci, mentre per i sacchi piccoli si usava la stadera di famiglia e quando il peso era minimo tale che nemmeno la coppola di uno dei Tre Re, volutamente poggiata sul sacco faceva levare la stadera, si usava la bilancia a piatto da fruttivendolo”.
Quanto sa di sapore pirandelliano una simile scena, quadro di una Sicilia e di una vita rurale che furono!
Quanto è verosimile che la novella di Luigi Pirandello “La giara” abbia potuto trovato la genesi in un fatto possibilmente accaduto a Villa Rosalia, nel medesimo androne in cui anche la Signora Antonia Zammuto stagionava l’olio, in apposite giare!
Nella memoria degli eredi vive ancora il ricordo delle fantasie che suscitavano in loro ancora bambini, gli affreschi di cui si adorna la casina. Nell’androne si apprezzano fantastiche figure grottesche nonché due figure femminili allegoriche che celebrano le messi e la vita nei campi.
Siffatta bellezza artistica, coniugata con la bellezza del paesaggio, ci può spiegare allora come Luigi Pirandello che quivi dimorò con la moglie apprezzando la magnificenza del contesto, nel romanzo storico “I vecchi e i giovani” vi volle far dimorare il principe Don Ippolito Laurentano, facendo di Villa Rosalia, la sua Colimbetra.
Oggi una parte di Villa Rosalia e l’azienda agricola “Bonamorone”, sono di proprietà dei figli di Rosetta e Angelo, che continuano a coltivare nella Valle dei Templi con l’amore e la passione che contraddistinsero i loro genitori e i loro nonni, nonostante i campi, a seguito di espropriazione, facciano parte del patrimonio della Regione Siciliana, amministrati dall’Ente Parco Archeologico della Valle dei Templi di Agrigento.
Sebbene concessionari dei terreni e non più proprietari, Giuseppe, Antonella e Anna Rita Zammuto continuano oggi a curare la campagna circostante la villa con dedizione impareggiabile per far vivere, attraverso questo ameno contesto, ogni piacevole ricordo della loro vita trascorsa in questa proprietà.
In particolare, lo zelo e la fatica di Giuseppe che materialmente cura la conduzione delle attività agricole, apportando interventi conservativi e migliorativi del paesaggio, ha guadagnato il plauso del Direttore dell’Ente Parco Archeologico della Valle dei Templi, Dr. Roberto Sciarratta, che nel mese di dicembre 2021 in un occasionale incontro presso gli uffici del citato ente, ha esternato apprezzamento e gratitudine.
Al di là di ogni riconoscimento, la gratificazione si appaga alla vista di questo paesaggio incantevole ammirato dall’affaccio di Villa Rosalia, dalla via Panoramica dei Templi, dai libri, dalle riviste, dai social network, dalla televisione, dalle fiction televisive.
A questo punto nasce spontaneo esclamare da parte loro: “è anche merito mio!” e in tal modo sentire ancora più forte il richiamo al legame con gli ascendenti che di questo luogo furono gelosi custodi.